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E se gli algoritmi dei social media stessero diventando un male proprio per i social media stessi? Parto da una interessante riflessione di David Meerman Scott e azzardo la mia.

Alla base di tutto ci sono gli algoritmi sviluppati da Facebook, Google, ma anche da piattaforme come Netflix, per consentirci di… poter vivere la nostra migliore esperienza sul social su cui scegliamo di passare la prossima ora o mezza giornata!

Paradossalmente, però, questi algoritmi sono diventati una vera e propria “droga” e non mi riferisco solo ai fruitori dei social, ma proprio per i social, definendo una sorta di negativa dipendenza del social dall’algoritmo stesso. La conseguenza è che, noi normali utilizzatori di quel social, ci troviamo a subire un’invisibile forza polarizzante e potenzialmente negativa senza neanche che ce ne rendiamo conto.

Che gli algoritmi siano davvero diventati “entità malvagie”? Ok, forse sto prendendo una possibile deriva da serie TV alla Netflix, ma seguimi in questo semplice ragionamento.

SOMMARIO

Cosa ci dicono sugli algoritmi d’intelligenza artificiale dei social?

algoritmo dei social - Facebook

Ecco la definizione classica:

Gli algoritmi di intelligenza artificiale sono formule matematiche complesse applicate a miliardi di punti-dati anonimi da centinaia di milioni di persone.

Quindi non sembra qualcosa di pericoloso, giusto? E davvero non sarebbe nulla di pericoloso se i social fossero solo dei luoghi neutri dal punto di vista degli interessi economici e potrebbero anche esserlo se noi pagassimo una fee mensile per poterli utilizzare senza pubblicità.

“Ma cosa dici?! Pagare i social?!? Mai!” ecco che sento milioni di persone ribellarsi all’idea di un Facebook o di un Google a pagamento. Tuttavia, quando il servizio è gratuito, allora il prodotto sei tu.

Te lo riscrivo per chiarezza:

quando il servizio che usi è gratuito, allora il prodotto sei tu.

Il prodotto sono i tuoi dati e i fruitori di questi dati, coloro che pagheranno il social per averli, sono le aziende che vogliono venderti qualcosa. Conseguenza: nessun social è un luogo neutro dal punto di vista degli interessi economici.

E su questo c’è l’interessante (forse un po’ troppo volutamente inquietante) documentario dal titolo The Social Dilemma che trovi su Netflix.

The Social Dilemma

Sappiamo bene che l’obiettivo di un social come Facebook (e qualunque altro) è vendere annunci e fare soldi. Questo vuol dire che, inevitabilmente, gli algoritmi non sono programmati per mostrarti quello che a te serve o desideri, ma per far fare soldi agli azionisti e agli investitori. Il che non è niente di che SE SOLO NE SEI REALMENTE CONSAPEVOLE.

Ma anche quando ne sei consapevole, c’è comunque un problema…

Netflix, vichinghi e romani

Quando ho iniziato a usare Netflix, che ad essere onesti uso tutt’ora per quel poco di televisione che vedo, pensa che non ho né RAI né Mediaset e neanche l’antenna del digitale terrestre! Insomma, quando ho iniziato a vedere Netflix, sono rimasto affascinato dalla capacità dell’algoritmo di selezionarmi ciò che mi piace e, soprattutto all’inizio, ho fatto incetta di film e documentari sull’antica Roma, sui Vichinghi, ma anche film sulla cultura giapponese, per non parlare di film d’azione.

Molto interessante, così sono andato a vedere cosa dice Netflix di se stessa, ed ecco la sua dichiarazione d’intenti:

La nostra attività si basa su un modello di servizio in abbonamento che offre consigli personalizzati per aiutarti a trovare serie TV e film che potrebbero interessarti. A tal fine, abbiamo creato un complesso sistema di consigli proprietario. […] Ogni volta che accedi al servizio Netflix, il nostro sistema di consigli si impegna ad aiutarti a trovare uno spettacolo o un film da guardare con il minimo sforzo.

Ultimamente però accadono cose strane: in primo luogo mi trovo nella mia lista privata film o serie TV che non ho scelto io, certo potenzialmente potrebbero piacermi, ma non sono delle mie scelte! Inoltre, come ha detto anche il buon David Meerman Scott: “Mi piace The Crown ma questo non significa che voglio guardare ogni dramma storico britannico che esiste!”, e poi a dire il vero… non mi piace più e mi annoia da morire.

Dopo quasi due anni in Netflix, mi sta diventando un po’ difficile scoprire cose diverse e nuove rispetto alle solite cose che vuole propormi l’algoritmo d’intelligenza artificiale di Netflix.

Ecco perché non ho visto The Social Dilemma

Questo è il motivo per il quale non ho voluto vedere The Social Dilemma su Netflix: sono terrorizzato dalle conseguenze: decine di documentari complottistici sui social, internet, terrapiattisti, rettiliani e altre follie! Capisci dove sono arrivato per mantenere “pulito” o quanto più “neutro” il mio feed? Anche se so che è pura utopia…

Ma fin qui, poco male, alla fine parliamo di serie TV e fiction, ma cosa accade quando ci spostiamo su un mondo molto più ampio e delicato come quello dei social network? Cosa accade su Facebook?

Cosa accade su Facebook?

Mark Zuckerberg

Facciamo un passo indietro: cosa accadeva un tempo quando le notizie non erano filtrate da un algoritmo? Ovviamente erano filtrate da esseri umani, ora non è che questi esseri umani fossero tutti stinchi di santo, sappiamo bene (o dovremmo saperlo) come funzionano cose come la propaganda, la comunicazione di partito e via discorrendo. Tuttavia, persone diverse producono filtri diversi e, vuoi o non vuoi, prima o poi ti arrivano anche notizie inaspettate come smascheramenti di miliardi di dollari, retroscena che neanche immaginavi e cose impossibili da “preferire a priori” tramite un algoritmo informatico.

Cosa accade oggi con le notizie? Oggi che i media tradizionali sono messi all’angolo – e la colpa è anche la loro poiché molti di essi non sono stati in grado di evolversi – milioni di persone nel mondo fruiscono di notizie selezionate non da diverse tipologie di altri esseri umani (nel bene e nel male) ma da singoli algoritmi di intelligenza artificiale, di cui oltre il 90% delle notizie sono scelte da questi tre (in ordine sparso):

Prima ho parlato di milioni di persone, beh non è esatto:

solo Facebook condiziona ogni giorno le scelte di cosa vedere di oltre 2 MILIARDI di persone.

Ti rendi conto?

In Italia non ho trovato ricerche molto accurate, ma in America – che sono sempre un passo avanti nel bene quanto nel male – c’è questa interessante ricerca della Pew Research Center che, in sintesi, mette in evidenza che:

algoritmi social network

La Bolla dei Social e (peggio) di Google News!

Social Bubble

Il problema è il cosiddetto Effetto Bolla in cui le persone, dopo un po’, si ritrovano a vivere senza che neanche se ne accorgano: quando fai clic una volta su un titolo, magari proprio un titolo sensazionale perché ha colpito la tua curiosità, tipo “che la Terra è piatta”, il feed impara un po’ da questa tua interazione e inizia a offrirti storie simili, e magari, al settimo clic inizi a dubitare sul serio che la Terra sia piatta! In questo caso è stato proprio l’algoritmo a condizionare il tuo livello di stupidità perché ha selezionato per te solo altri tizi che esponevano sempre la stessa idiozia senza mai mostrarti la controparte.

Guarda l’immagine: hai fatto caso che all’interno della tua bolla hai solo notizie di colore azzurro mentre al di fuori esistono anche altri colori che molto probabilmente ignori del tutto perché gli algoritmi ti tengono fuori?

Attenti al pericolo di Google News

Google News e la Bolla degli algoritmi intelligenti

Uso spesso Google News, ma ho notato questa cosa inquietante: anche qui mi vengono mostrate sempre più notizie simili a quelle su cui ho già cliccato in passato, e fin qui potrebbe anche avere un senso, ma dov’è il problema?

Eccolo:

Google News tende a mostrarti storie da fonti che hai visto prima piuttosto che mostrarti la storia più popolare in generale.

In altre parole, invece di darti pluralità di fonti e quindi di punti di vista diversi, tende a selezionare sempre la stessa fonte – che tra l’altro potrebbe anche essere di parte se non addirittura errata – e a mostrarti principalmente le notizie che arrivano da quella fonte!

È un problema enorme quando MILIARDI di persone in tutto il mondo ricevono notizie in questo modo!

Come fa Meerman Scott, anche io utilizzo da più di un anno Google News in modalità browser anonimo, in più sui Social evito come la peste di cliccare su post idioti, di propaganda o di cui non voglio rischiare di avere altre notizie, magari aziende o persone che non mi piacciono.

Su questo sappi che se vai a criticare un cretino per quello che scrive stai commettendo un duplice errore:

  1. gli stai dando visibilità, così l’algoritmo del social mostrerà quel contenuto a molte più persone
  2. ti troverai i suoi contenuti molto più spesso nel tuo feed.

Il prolificare delle teorie del complotto

teoria del complotto e nuovo ordine mondiale

Hai notato che ultimamente vengono alla ribalta sempre più facilmente nuove teorie del complotto? Ecco le ultime che ricordo:

Per non parlare dei terrapiattisti, del Covid alieno, dei vaccini per controllarci tutti e altre esilaranti teorie da serie TV.

Come mai oggi queste idiozie riescono a diffondersi più velocemente di una vera pandemia? Ormai dovresti saper rispondere in modo semplice: gli algoritmi di intelligenza artificiale! Questi algoritmi di Facebook, Google e simili amplificano anche informazioni false e fuorvianti, comprese le suadenti teorie del complotto (che tra l’altro hanno un forte impatto emotivo, ti consiglio di leggere quest’articolo: Corona Virus: i 6 fattori determinanti della sua viralità sociale). Il motivo è che sono solo sistemi informatici e fanno ciò per cui sono stati addestrati: trattenere l’utente il più a lungo possibile, poiché più tempo una persona resta sulla piattaforma e più aumentano le probabilità che faccia clic su una delle inserzioni pubblicitarie che fanno guadagnare il social.

Perfino i dipendenti di Facebook sono sfiduciati!

sfiducia dei dipendenti Facebook sulla qualità di Facebook

Un articolo di BuzzFeed News, tra le altre cose, dichiara quanto gli stessi dipendenti di Facebook siano sfiduciati su quanto Facebook stia contribuendo a rendere il mondo un posto migliore (come spesso a Mark Zuckerberg piace dire), l’articolo lo trovi qui e dice che, dopo aver intervistato oltre 49.000 dipendenti, si evince che i lavoratori continuano a perdere la fiducia che l’azienda possa davvero migliorare il mondo. Solo il 51% degli intervistati ha affermato di ritenere che Facebook stia avendo un impatto positivo sul mondo, e questo dato è in calo di ben 23 punti percentuali dall’ultimo sondaggio dell’azienda a maggio.

Come ne veniamo fuori?

Bella domanda, se avessi la risposta sarei un genio. Anzi a dire il vero la risposta ce l’ho – anche se non sono un genio – il problema è che essa ha a che fare con razionalità e buon senso, cose che gli esseri umani di qualunque estrazione sociale, culturale o etnica proprio hanno difficoltà a considerare! Lo stiamo vendendo con questa pandemia, vero? Il comportamento delle persone ti appare razionale e sensato?

Vuoi che ci provi lo stesso? Ecco alcune cose sensate:

  1. Informarsi su come funzionano gli algoritmi. Se vuoi ho pubblicato due articoli e un video su quest’argomento che trovi qui:
  2. Condividi quest’articolo e le sue informazioni. Parlane con i tuoi amici, è importante e serve sensibilizzare le persone su questo tema in modo che sempre più persone facciano un uso più consapevole del web e dei social.
  3. Sensibilizza gli adolescenti! Sono loro i soggetti più a rischio perché sono quelli più esposti. Quindi se hai figli, guarda con loro The Social Dilemma, non demonizzare i social, ma invita ad un uso consapevole.

Il quarto punto riguarda me e tutti i marketer, in particolar modo riguarda i grandi inserzionisti, ma qui la vedo difficile, quindi lascio parlare un marketer più famoso di me:

I marketer che spendono soldi in pubblicità con i social network hanno una posizione unica poiché siamo noi a generare le loro entrate. Anche se non sarebbe facile da fare, un boicottaggio o qualcosa di simile da parte dei professionisti del marketing potrebbe essere un modo drammatico per attirare l’attenzione del mondo. Se le aziende pubbliche, ad esempio, dovessero inserire dichiarazioni di protesta nei loro rapporti annuali che descrivono come hanno tagliato la pubblicità su Facebook, questa sarebbe davvero un’azione potente.

DAVID MEERMAN SCOTT
FONTE

Abbiamo tutti un ruolo da svolgere.

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