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A proposito di Corona Virus, in questi giorni stiamo assistendo a due tipi di contagio virale: uno che riguarda la nostra salute fisica, e un altro, molto più contagioso, si muove sui social e riguarda la nostra salute… mentale.

Il contagio prima che virale è psicologico!

Il panico corre sui social e – fomentato dai media come la stampa e la televisione – diventa più virale e dannoso del Corona Virus stesso.

ATTENZIONE: quest'articolo è stato scritto il 3 marzo 2020 poco prima che la pandemia ci portasse al primo lockdown totale. In ogni caso, il suo contenuto è estremamente valido dal punto di vista dell'esame delle dinamiche psicologiche che sono sempre attuali e che aiutano a capire come un'informazione possa diventare virale. Buona lettura.

SOMMARIO

Corona Virus: Ascolta la puntata del podcast marketing su questo argomento


Quello a cui stiamo assistendo è una vera e propria infodemia ovvero una evidente propensione ad ingigantire oltre misura la percezione di un fenomeno e, di conseguenza, la sua pericolosità.

È una cosa a cui i media sono abituati, per questo 100 immigrati che sbarcano a Lampedusa si trasformano in una “invasione delle coste italiane”, una partita di calcio diventa una “guerra tra popoli” e una “rapina in una villa” muta velocemente in un “assalto alla sicurezza: gli italiani in pericolo!”.

In questo articolo voglio affrontare il tema del Corona Virus analizzando i sei aspetti fondamentali della viralità online ovvero le caratteristiche che deve avere un contenuto per mutare in un “meme virale” che possa diffondersi facilmente e velocemente in rete.


Quando non crediamo più a niente, siamo… creduloni!

Siamo diventati una società psicologicamente fragile perché dipendente da strumenti dai quali ci aspettiamo sempre una risposta veloce e definitiva alle nostre domande.

Questa cosa funziona bene se vogliamo sapere quando è nato Leonardo Da Vinci oppure com’è finita la partita Napoli-Juventus. Ci spingiamo perfino a vedere video su YouTube per avere informazioni su come sedurre una donna o su come investire in borsa oppure su come aprire una noce di cocco. Va tutto bene, tranne quando accade qualcosa di completamente nuovo la cui soluzione non esiste e – a peggiorare le cose – fake news e false soluzioni vengono fuori come funghi dopo un temporale.

Siamo una società fragile, e qui c’è il grande paradosso, poiché pur essendoci per lo più liberati della grande pressione psicologica della religione (io sono ateo, quindi lungi da me il ritorno ai tempi bui di una chiesa opprimente) e perfino di “falsi miti e credenze popolari”, in realtà ci siamo liberati di qualunque cosa perfino dal credere alla “realtà dei fatti” o alla scienza.

Pinocchio (credulone) con il Gatto e la Volpe

Quando non ci sono più punti fermi su cui basare il nostro pensiero, si finisce per diventare… creduloni!

Cosicché la rete è piena di coloro che credono che la terra sia piatta, che gli alieni facciano visita periodica sul pianeta e altre sciocchezze del genere.

In un contesto come questo è facile comprendere come sia semplice fare breccia e diffondersi per qualunque notizia di tipo sensazionalistica, complottista o emotivamente coinvolgente.

Le parole sono pericolose

Le parole sono un mezzo straordinariamente potente per diffondere idee ed emozioni. Per questo sono pericolose se usate in modo improprio.

Lo sono perché le parole creano nella nostra mente le immagini che a loro volta innescano le emozioni che di conseguenza ci spingono ad agire.

Quando le parole sono manipolate e le emozioni sono spropositate, allora le azioni prodotte diventano irrazionali e ingiustificate e molto spesso fanno danni enormi.

Non è raro che una folla impazzita uccide più dell’evento scatenante in sé.

strage heysel 1985
Insensata strage Liverpool-Juventus, Heysel, 1985

Il Cervello Rettile vuole sopravvivere

Se segui il mio podcast marketing o i miei articoli sul neuromarketing allora saprai bene che abbiamo tre cervelli:

  1. il Cervello Rettile;
  2. il Cervello Limbico;
  3. il Cervello Razionale.

Quello che comanda, quello che davvero prende le decisioni – soprattutto quelle legate in qualche modo alla nostra sopravvivenza reale o percepita – è sempre il Cervello Rettile.

Quando non abbiamo abbastanza informazioni per prendere una decisione, di solito ci guardiamo attorno per vedere cosa fanno gli altri, ma in questa situazione – essendo il Corona Virus qualcosa di completamente nuovo – il messaggio di ritorno non è univoco né chiaro. Questo ci disorienta e crea il senso di panico che produce a sua volta azioni senza senso:

Urgenza e Scarsità

Non sono concetti che riguardano solo il marketing, anzi! Per quanto possiamo pensare di essere persone razionali (inutile, non lo siamo!), al primo accenno di crisi, finiamo per cedere all’irrazionale. Cosicché appena abbiamo avuto il sentore che l’Amuchina stesse esaurendosi sul mercato, qualcuno ha avuto la follia di comprarla a 200 euro!

Follia su Amazon!

E questo dimostra anche quanto facilmente diventiamo persone orride e incivili che ci approfittiamo della debolezza del prossimo (il mercato nero dei beni di prima necessità è proprio ad un passo, pericolosamente dietro l’angolo).

L’anti etica dei media

Come si sono posti i media (giornali e televisione) in questa situazione di emergenza? Nel modo peggiore: gettando benzina sul fuoco!

Corona Virus rassegna stampa

Una cosa è dire che hai il 2% di probabilità di morire o che due persone su 100 muoiono e tutt’altra cosa è dire che nel 98% dei casi te la cavi con un po’ di febbre e tosse; sei d’accordo? Entrambe le affermazioni sono vere, tuttavia la prima usa parole tossiche come “morte”, “morire” che creano nella mente scenari catastrofici, mentre la seconda versione è più centrata verso scenari di sopravvivenza e positività.

La reazione emotiva nel primo e nel secondo caso non possono che essere diverse e contrarie, anche se l’informazione in sé è la medesima.

D’altro canto quel 2% è relativo alla Cina e non all’Europa, in particolare agli over 80 anni e non a tutta la popolazione infetta!

Quando si leggono titoli come questi (giusto per citarne tre):

È chiaro che il sistema di allarme di ognuno di noi si pone a livello massimo, gli scenari mentali diventano catastrofici e si finisce per agire nei modi e nelle modalità più irrazionali e sbagliate.

È così che realmente si mette in pericolo la sopravvivenza delle persone ancora più del virus stesso!

Corona Virus: i social sono il suo habitat naturale!

Ecco quindi che i social diventano l’habitat naturale per la nascita e la diffusione virale dei cosiddetti meme (unità di informazioni culturali, 1976 Dowkins) che poi, per citare Richard Brodie, diventano veri e propri virus della mente dove ognuno di noi si trasforma in untore della sua cerchia di amici e contatti.

Perché se è vero che è impossibile non comunicare, allora è impossibile non influenzare.

Nel mio Messenger non ho contato quanti inutili messaggi fake mi sono arrivati:

Siamo estremamente sensibili a tutto quello che:

Da qui si comprendono più facilmente i sei fattori determinanti per la creazione di un contenuto virale che possa facilmente diffondersi in rete.


6 Fattori fondamentali per un contenuto virale

1. Valuta Sociale

Attraverso ciò che condividiamo desideriamo esprimere chi siamo e fornire la migliore immagine di noi stessi. Vogliamo dimostrarci agli occhi delle altre persone come interessanti, informati e che ne sanno di più.

Ciò che condividiamo è la nostra valuta sociale.

Per questo quando prepari un contenuto e vuoi che abbia il DNA virale devi riflettere su questo aspetto: perché qualcuno dovrebbe prendersi la briga di condividerlo?

Inoltre quando qualcuno mette un like o commenta un nostro contenuto, questo genera nel nostro cervello una scarica di dopamina (un neurotrasmettitore che rilascia una sensazione di piacere) e ciò procura in noi una fonte di benessere ed autostima.

Anche nel caso del Corona Virus non solo abbiamo voglia di leggere informazioni ma anche di condividerle e dimostrare che siamo persone informate e sul pezzo. Che siamo persone che contribuiscono alla diffusione di notizie che percepiamo come utili e che spesso non ne abbiamo neanche verificato le fonti.

2. Stimoli

Più un’informazione (meme) coinvolge attivamente il nostro contesto quotidiano, come le relazioni con i nostri amici o la nostra famiglia, più diventa rilevante e degno di attenzione, e per questo “contagioso”.

D’altra parte finché il virus era confinato in Cina, la cosa poteva interessarci ma fino ad un certo punto. La notizia è dilagata, diventando virale, quando è entrata nella nostra sfera personale, quando abbiamo iniziato a guardare con sospetto il nostro vicino che starnutiva chiedendoci se poteva trattarsi di semplice influenza (che per la cronaca quest’anno la semplice influenza ha già mietuto oltre 200 vittime solo in Italia!) oppure del più pericoloso Corona Virus!

Nella creazione di un contenuto virale, devi chiederti in che modo esso possa coinvolgere le persone nella loro cerchia più vicina di contatti. Più il contenuto è ritenuto o percepito vicino, maggiore sarà lo stimolo alla condivisione da esso generato.

Un altro aspetto è la “vicinanza cognitiva” ovvero qualcosa che si inneschi nel quotidiano: cibo, pausa caffè, rito della colazione, percorso in auto e qualsiasi altra cosa possa associarsi ad azioni quotidiane e quindi facilmente memorabili.

3. Reazioni Emotive

Qui la cosa si fa interessante quanto inquietante. È interessante se si parla di marketing e business, diventa invece inquietante se parliamo del Corona Virus!

Non importa che sia una notizia importante o meno e nemmeno che sia vera o falsa, ciò che conta, affinché la notizia venga condivisa – ovvero che abbia il DNA virale – è che stimoli efficacemente il sistema nervoso della persona che ne fruisce (si parla di Arousal).

In parole più semplici, essa deve provocare nel lettore/fruitore una forte emozione: rabbia, paura, gioia intensa, estasi, eccitazione.

Per placare questo forte stimolo nervoso, dobbiamo assolutamente compiere un’azione e sui social l’azione più facile è quella di mettere un like, di commentare e, quando lo stimolo è davvero forte, di condividere l’informazione con i nostri contatti. Quest’azione ci serve per scaricare la tensione emotiva generata dalla fruizione del contenuto.

E cosa c’è più forte della “paura di morire”? Ecco quindi che il meme informativo del Corona Virus, di qualunque natura esso sia, che sia vero o falso, si propaga sulla rete molto più velocemente del virus stesso!

L’algoritmo bastardo!

A peggiorare le cose – quando si tratta di una cosa drammatica come quella di diffondere informazioni inquietanti sul Corona Virus – ci pensano gli algoritmi dei social che mettono in risalto, nel feed delle persone, quei post che stanno avendo maggiore riscontro in termini di like, commenti e condivisioni.

Non dimenticare, inoltre, che lo stesso algoritmo dei social tende a mostrarti quei post più vicini alle tue ultime scelte. Questo se in un momento normale può essere un vantaggio, poiché vengono filtrate quelle informazioni di tuo minore interesse, in una situazione drammatica come quella del Corona Virus, non fa altro che aumentare il tuo panico mostrandoti nel feed sono notizie nefaste ed inquietanti.

4. Visibilità Pubblica

Più un argomento, e relativi meme, diventa pubblico ovvero diventa un cosiddetto trend-topic, più facilmente si diffonde.

Esso accelera in maniera esponenziale perché più cresce l’interesse e più persone vorranno partecipare alla discussione per ottenere visibilità o, semplicemente, sentirsi parte “dell’avvenimento più importante di cui tutti parlano”.

D’altra parte, lo confesso, anche quest’articolo e la relativa puntata del podcast, ne sono una prova di quanto forte è la tentazione di prendere parte alla discussione.

Questo è il motivo per il quale molte aziende si lanciano nel cosiddetto newsjacking ovvero quella strategie che permette loro di sfruttare notizie e trend per inserirsi nel flusso delle conversazioni in Rete e attirare sul proprio brand una forte copertura mediatica.

Ecco un esempio eticamente valido messo in campo da Tempo:

Corona Virus: newsjacking messo in atto da Tempo

Scimmia vede, scimmia fa!

È stato dimostrato, e questo può diventare un problema quando ci troviamo a trattare un tema delicato come quello del Corona Virus, che quando si partecipa ad una discussione si tende ad emulare in modo del tutto acritico il tono della discussione stessa.

Questo vuol dire che se i toni sono impostati su ansia, allarmismo, panico, il mostro modo di relazionarci sarà sullo stesso livello emotivo, finendo per creare e mettere in rete altra ansia, altro allarmismo e altro panico.

Tutto questo non fa altro che alimentare la cosiddetta infodemia, che, come ho scritto all’inizio di questo articolo, è quella propensione ad ingigantire la percezione e quindi la pericolosità di un fenomeno.

5. Valore pratico

Più che approfondimenti, le persone amano quei contenuti che hanno un veloce e semplice riscontro pratico: istruzioni per l’uso, tutorial, infografiche, guide, consigli, schemi sintetici. Questo rientra anche nel cosiddetto atteggiamento altruistico che consiste in quella voglia di voler aiutare gli altri.

Il problema, come nel caso del Corona Virus, si verifica quando queste “istruzioni per l’uso” o questi “consigli” sono del tutto campati in aria e senza alcun fondamento scientifico.

Questo è anche il motivo per il quale invece di attendere per capire ed approfondire la situazione, si preferisce invadere il proprio feed di opinioni, consigli e altre cose senza mai verificarne le fonti pur di

Da un punto di vista del buon marketing, è chiaro che devi puntare a contenuti di questo tipo: semplici, veloci e pratici come le guide, i tutorial e le istruzioni per l’uso, poiché hanno in sé il DNA della condivisione virale.

6. Storie (storytelling)

Le persone non vogliono sentire i fatti, vogliono emozionarsi con il racconto dei fatti.

A volte si finisce per immaginare o addirittura inventare il racconto dei fatti che diventa più rilevante dei fatti in sé. Quindi non ci interessa sapere se “davvero è lui l’assassino della donna”, vogliamo invece sapere della sua vita, della vita di lei, di dove sono andati, quando, come, quali sono state le sue ultime parole, raccontare il fatto che lei si era appena laureata, che il padre era appena andato in pensione e che l’amata gatta aveva appena partorito…

Cerchiamo e vogliamo un protagonista, un eroe, un cattivo o un nemico contro cui schierarci. Lo sanno bene i politici quando creano continui nemici da cui difenderci quando vogliono consenso:

Quando un’informazione riesce a diventare una storia carica di emotività e passione, allora facilmente passa di bocca in bocca, proprio come nel caso del Corona Virus, e si farcisce di fantasie, di aneddoti e di altre storie di contorno.

Lo abbiamo visto, non importa quanto sia vero, conta invece quanto sia emotivamente vero e tutto questo fa sì che passi da post a post, da persona a persona, da gruppo sociale a gruppo sociale diventando un meme mostruosamente pericoloso e virale.

Una mente fomentata dalla paura, che non ha punti razionali a cui appoggiarsi, che cede al panico, cede anche ad azioni insulse come quando si va a caccia dell’untore e si finisce per picchiare a sangue un ragazzo cinese nato e cresciuto in Italia che forse in Cina non c’è mai stato e non conosce neanche una parola della sua lingua di origine.

Ricordiamocelo sempre, nel bene e nel male:

le parole creano immagini, le immagini creano emozioni e le emozioni spingono all’azione. Facciamo in modo che le nostre parole, anche nel marketing, siano parole positive e mai tossiche che alla fine rischiano di generare azioni a loro volta tossiche.