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Come ha fatto un’azienda che è partita con 1200 dollari in banca a diventare… Nike? Te ne parlo in questo nuovo articolo in cui ti racconto come la psicologia comportamentale e le scienze sociali siano fondamentali per qualunque business, compreso il tuo!

Fondata nel 1964, Nike – originariamente chiamata Blue Ribbon Sports – ha iniziato con solo 1.200 dollari in banca e oggi ha un valore di oltre 38 miliardi di dollari, controllando quasi il 50% del mercato mondiale delle scarpe da ginnastica.

SOMMARIO

A cosa è dovuto tutto questo successo?

Di sicuro una componente molto importante del successo di Nike è da cercare nella loro profonda comprensione dei clienti e, consapevolmente o meno, nell’applicazione delle neuroscienze e della psicologia comportamentale all’esperienza d’acquisto dei loro clienti. 

In questo articolo ti mostro in che modo questo piccolo negozio che vedi in foto è diventato un colosso come Nike.

1. Un atleta mediocre e uno scienziato pazzo

La storia di Nike, come la storia di molte grandi aziende, è la storia di due uomini, Phil Knight e Bill Bowerman, che no, questa volta non partono dal garage di casa, ma da un corridore mediocre e un tizio ossessionato dalle prestazioni.

Il piede “mediocre” era quello di Phil Knight, l’ossessionato era Bill Bowerman, tra l’altro è stato anche un leggendario allenatore di atletica olimpica.

Molto prima che esistesse la Nike, Bowerman era l’allenatore di Phil Knight ai tempi dell’Università dell’Oregon. Bowerman, ossessionato per la sperimentazione, per tutto il suo incarico non ha fatto altro che armeggiare con le scarpe della squadra di atletica per migliorarne le prestazioni; ma con chi sperimentare?

Di certo non con quelli bravi, meglio usare come cavia il mediocre Phil Knight…

Insomma, non voglio raccontarti passo passo tutta la storia perché mi interessa di più evidenziarti alcuni passaggi psicologici fondamentali, ti dico solo che i due uomini sono diventati soci in affari in quella che alla fine è diventata Nike. Prima hanno iniziato importando scarpe dal Giappone, poi hanno creato i propri prodotti. 

Essendo una nuova attività, il loro primo obiettivo era stabilire un rapporto di fiducia con i propri clienti.

Già questo è un concetto molto importante che non devi lasciarti sfuggire:

prima di tutto stabilire un rapporto di fiducia con i propri clienti.

Come farlo? Bowerman e Knight sapevano che il modo migliore per creare fiducia era convincere i corridori di grandi nomi a indossare le loro scarpe, sfruttando quello di cui ti ho parlato più e più volte nei miei articoli e in molti dei miei video: l’Effetto Autorità o Authority Bias.

Effetto Autorità

Questo principio afferma che le persone tendono a fidarsi, e quindi a essere persuase, da coloro che ricoprono posizioni di potere, come professori o esperti nei loro campi.

Lo stesso vale per gli sportivi di successo e infatti Knight e Bowerman fecero il diavolo in quattro per ingaggiare il leggendario Steven “Pre” Prefontaine, perché sapevano che con lui le loro scarpe sarebbero diventate un must soprattutto per dilettanti e hobbisti, il loro core-business.

Tuttavia, c’è da essere chiari in questa faccenda: sia Knight che Bowerman non avevano alcuna idea di concetti come Effetto Autorità né avevano mai studiato marketing e nemmeno – figuriamoci – il neuromarketing che all’epoca nemmeno esisteva.

Loro avevano solo un pallino:

“Abbiamo solo cercato di mettere le nostre scarpe ai piedi dei corridori”.

fonte

Oggi si parlerebbe di Influencer Marketing, ma il concetto è antico quanto il mondo.

Michael Jordan e Nike

Questa è una bella storia, un’avventura con una sceneggiatura tutt’altro che scontata. In primo luogo Michael Jordan voleva solo Adidas, ma, come si vede dalla puntata n.5 de “The Last Dance” (ho seguito la serie su Netflix e ho ancora i brividi che mi corrono lungo la schiena), il settore basket di Adidas era davvero disorganizzato.

Poi c’era Converse che si era avvicinato a Jordan, ma chiarendo fin dall’inizio che lui era molto lontano dai super big come Larry Bird, Magic Johnson, Isiah Thomas e altri, quindi doveva accontentarsi di molto, molto meno.

Reebook stava entrando prepotentemente sul mercato, ma aveva altri interessi e per ora niente da fare.

Chi rimaneva? Solo l’ultima della serie: Nike! Eccolo qui Jordan “ragazzino” con le prime Air Jordan.

Pensa che Nike ha dovuto convincere la madre di Jordan affinché il figlio accettasse l’offerta. Da lì a qualche anno il brand “Air Jordan” da solo sarebbe valso 10 miliardi di dollari! Com’è possibile? Da un lato la grandissima ascesa di Jordan come campione, e su questo non ci piove, ma anche per via del secondo effetto di cui voglio parlarti: l’Effetto Alone.

L’Effetto Alone

Questo principio descrive la tendenza delle persone a lasciare che un tratto positivo guidi la loro opinione generale su una persona, un prodotto o un’esperienza. In altre parole, vedi un uomo di bell’aspetto e lo reputi intelligente; tuttavia non c’è alcun legame tra l’aspetto e l’intelligenza.

Ti sembra che abbia scritto una banalità? Eppure ci sono infiniti studi che dimostrano che le persone alte e attraenti guadagnano mediamente di più, sono più popolari tra i loro coetanei e ricevono pene detentive più leggere . 

Ritornando al mondo del marketing (e quindi della percezione), questa cosa si traduce nel fatto che i prodotti approvati dalle celebrità generano più vendite poiché se Jordan è il numero uno del basket e usa le scarpe Nike queste ultime, per effetto alone, devono essere le migliori.

Il Piano Marketing di Nike in sole due parole!

Chi non ricorda la campagna Just Do It? Oppure una delle ultime, la saga di Collin Kaepernick. Sono tutte comunicazioni principalmente emotive.

Nike da sempre, a differenza di molte altre aziende che puntano sull’enfatizzare le caratteristiche dei propri prodotti o sulla tecnologia dei propri annunci, si concentra prima di tutto sull’emozione dello sport in sé.

Anche dietro quest’approccio si cela la scienza, il principio in questione prende il nome di Salienza Emotiva.

La salienza emotiva

In estrema sintesi, più qualcosa è emotivamente saliente (rilevante, importante), quindi suscita in noi profonde emozioni, e più è probabile che ci ricordiamo di quella cosa.

Ecco quindi che Nike punta a creare rilevanza emotiva per i clienti, lo fa perché sa che in questo modo è più probabile che i suoi prodotti vengano scelti rispetto a quelli di un concorrente. 

Phil Knight, in proposito, dice:

“La nostra pubblicità cerca di collegare i consumatori al marchio Nike attraverso le emozioni dello sport e del fitness. Mostriamo competizione, determinazione, successo, divertimento e persino le ricompense spirituali della partecipazione a queste attività”.

Fonte

Una volta Steve Jobs disse:

potresti riassumere l’intera strategia di marketing di Nike in sole due parole: NESSUN PRODOTTO.

Nel senso che le loro campagne non mostrano alcun prodotto, ma solo storie, personaggi ed emozioni.

Aggredire il mercato in modo diversi

Diciamolo chiaramente: non tutti sono Jordan, sei d’accordo? Al di là dei campioni di NBA – e anche lì non tutti sono Jordan nemmeno oggi che Jordan non gioca più – anche tra gli appassionati e gli amatori, non tutti adottano lo stile “Air Jordan” fatto di grandi elevazioni e velocità.

Allora cosa ha pensato di fare Nike? Ha affiancato alle Air Jordan questi altri due modelli:

  1. Air Flight
  2. Air Force

La Flight è una scarpa leggera e flessibile per un gioco più veloce; il suo rappresentante era Scottie Pippen. La Force è invece una scarpa più solida per un gioco forte e aggressivo, e chi meglio di Charles Barkley per rappresentarla? 

Phil Knight ha riassunto la strategia in questo modo :

“Mentre ci pensavamo, ci siamo resi conto che ci sono diversi stili di gioco del basket. Non tutti i grandi giocatori hanno lo stile di Michael Jordan, e se provassimo a rendere l’Air Jordan attraente per tutti, perderebbe il suo significato. Abbiamo dovuto fare a fette il basket stesso”.

Fonte

Nike ha capito che per crescere nel mercato degli amanti del basket, doveva suddividere il suo grande brand in sotto-brand più piccoli allo scopo di rendere più facile per i suoi clienti individuare il prodotto migliore.

Anche dietro tutto questo c’è studio e psicologia, sono lontani dai tempi del negozio da 1200 dollari! Il meccanismo che si cela dietro queste scelte prende il nome di Chunking.

Cos’è il Chunking?

Il cervello delle persone tende a suddividere grandi insiemi di informazioni in blocchi più piccoli. Questo processo aiuta il cervello a prendere decisioni più facilmente. Se vendi cioccolata, non mostrare tutte le varianti contemporaneamente, dividi in gruppi, ad esempio:

Nike invece di mostrare tutto il catalogo basket, lo suddivide in Nike in Air Jordan, Flight e Force; categorie facili da capire per i clienti. Ogni sotto-marchio acquisisce anche più peso e significato, perché chi sceglie Force oppure Flight è una persona (atleta) diverso da chi sceglie le classiche Air: brand diversi per giocatori diversi.

Per concludere

Nike agisce in base a ciò che fanno pochi altri marchi: si concentra su ciò che motiva i clienti.

Non finisce qui, non è solo questione di essere esperti di Neuromarketing o scienze comportamentali, non è questione di “persuadere i clienti” o convincerli all’acquisto. Nike usa questi principi per guidare le conversazioni, questo spinge alla vendita nel breve tempo e fa crescere il brand nel lungo periodo.

Nike sa bene che il suo concorrente più grande è principalmente se stessa, come ha ammesso lo stesso Phil Knight con questa dichiarazione (fonte):

“Battere la concorrenza è relativamente facile. 
Battere se stessi è un impegno senza fine”.


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