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Una lunga serie di studi, saranno più di 50 anni ormai, dimostra che tendiamo a dare più valore a un oggetto quando abbiamo contribuito alla sua creazione.

Ti piacerebbe sfruttare quest’effetto per il tuo business? Allora leggi quest’articolo.

SOMMARIO

Effetto IKEA e le… uova fresche!

Era il 1950, l’azienda si chiamava Genaral Mills, il prodotto di cui voleva aumentare le vendite era a marchio Betty Crocker, brand che esiste ancora oggi; ecco una pubblicità proprio di quegli anni:

Effetto Ikea: Betty Crocker

L’azienda, per capire quale strategia adottare, assunse lo psicologo esperto di marketing Ernest Dichter, oggi considerato da molti il padre della ricerca sulla motivazione, che analizzò con attenzione sia i dati relativi al consumo che quelli – molto importanti – dei modelli di utilizzo ovvero come le massaie utilizzavano (o desideravano utilizzare) il prodotto.


Podcast Marketing

Ascolta la puntata del podcast marketing dedicata all’Effetto Ikea, la prima del mese di settembre del filone Neuromarketing.

Ascolta “Perché IKEA piace tanto? Sveliamo l'Effetto IKEA!” su Spreaker.

Troppo facile non è mai l’ideale

Ora fai molta attenzione a questo passaggio: il preparato iniziale funzionava benissimo, troppo bene. Anzi, era troppo facile da usare. Tuttavia questa facilità d’uso rendeva poco gratificante preparare la torta e metterla in tavola. Le donne volevano più responsabilità sul preparato finale, ma – chiaramente – non volevano neanche complicarsi poi troppo la vita (più avanti approfondisco questo aspetto).

Risultato? Togli dal preparato istantaneo le uova in polvere e fai in modo che sia l’utilizzatore finale ad aggiungere uova fresche!

Da qui il suo magistrale suggerimento, adottato ancora oggi da molte aziende del settore:

fare in modo che i consumatori completassero la preparazione aggiungendo alla miscela uova fresche.

Ecco un esempio moderno in cui si chiede di aggiungere due uova e il latte:

preparato per pancake che sfrutta lo studio degli anni 50 di Ernest Dichter

Scavando, ho trovato che in realtà Betty Crocher non è stato il primo brand a mettere sul mercato un prodotto che prevedeva l’aggiunta di uova fresche al preparato. Già nel 1935 la società P. Duff and Sun lo aveva fatto, addirittura, analizzando uno dei loro studi si legge: “La casalinga e il pubblico acquirente in generale sembrano apprezzare l’uso delle uova fresche”.

Ecco un’altra cosa a cui devi prestare attenzione:

non conta essere i primi, conta essere quelli che alla fine comunicano meglio e con maggiore forza.

Cosa c’entra IKEA con le torte? Dobbiamo arrivare al 2011 e ad un articolo pubblicato sul Journal of Consumer Psycology.

IKEA vendeva mobili assemblati!

IKEA fu fondata da Ingvar Kamprad nel 1943. Per la cronaca, IKEA è semplicemente l’acronimo delle iniziali del suo fondatore Ingvar Kamprad e di Elmtaryd e Agunnaryd, la fattoria e il villaggio svedese di nascita.

Inizialmente vendeva per corrispondenza articoli di uso quotidiano: dalle penne ai fiammiferi, dagli orologi elle bustine di semi; i mobili arrivarono solo qualche anno dopo ma non come li vediamo oggi: erano venduti già assemblati e spedirli era davvero scomodo.

Solo poco dopo il 1950, mentre Betty Crocker faceva aggiungere le uova fresche al suo preparato, IKEA inviava mobili da montare. L’unica differenza è che Ingvar Kamprad non aveva alcuna idea della rivoluzione che stava per mettere in atto nella sua azienda e nel mondo!

L’effetto IKEA svelato

effetto IKEA: se sono io a montare un mobile, questo avrà per me più valore

I test hanno dimostrato che l’atto effettivo di mettere insieme qualcosa (anche se ciò può comportare sudore, imprecazioni e lacrime) in modo che diventi un oggetto completo, genera in noi una percezione molto più favorevole nei confronti di quell’oggetto rispetto allo stesso oggetto acquistato in una forma completa. 

Questo fenomeno è noto come Effetto IKEA.

Effetto IKEA e neuroscienza

L’effetto non è solo psicologico in quanto legato ad un pensiero, ma si basa anche su una questione neurologica: il tatto associato all’emozione.

Il tocco della mano attiva le regioni del cervello legate alle emozioni e alla ricompensa. Studi hanno dimostrato l’attivazione della corteccia prefrontale mediante movimenti del palmo o dell’avambraccio in particolare con questi tre materiali: legno, velluto e pennello.

In altre parole:

quando tocchiamo qualcosa viene attivata una parte del nostro cervello che crea una connessione emotiva con quel prodotto.

Inoltre il toccare un oggetto in maniera attiva, come ad esempio montare un mobile oppure aggiungere le uova ad un preparato, aumenta il valore percepito di quell’oggetto.

Questo è il motivo dell’orgoglio dopo aver montato un mobile nuovo o sfornata una bella e profumata torta.

Meno facile, ma non troppo difficile!

effetto IKEA

Le persone vogliono aggiungere giusto le uova fresche e sentirsi grandi pasticcieri, ma non vogliono certo fare tutta la torta da zero!

Questo vuol dire che:

L’esperimento sugli origami

L’esperimento è lungo e complesso, ma te lo sintetizzo per concetti essenziali. Le persone dovevano valutare degli origami, questi potevano essere, a seconda del test:

  1. origami fatti da esperti di origami
  2. origami fatti da qualcuno altro
  3. origami fatti da chi alla fine lo avrebbe giudicato

È stato visto che tendenzialmente le persone davano un valore economico ai propri origami paragonabile a quello dato agli origami assemblati da esperti, inoltre consideravano il proprio lavoro sempre migliore (in quanto a valore economico) rispetto a quello prodotto da altri.

Il concetto è: se lo faccio io, per me ha più valore.

Ecco il grafico delle valutazioni medie:

Tuttavia, come ho anticipato dal titolo, tutto questo “fai da te” ha un limite ed è stato riscontrato proprio durante quest’esperimento.

Quando i partecipanti hanno trascorso troppo tempo a costruire le loro creazioni o non sono riusciti a completare l’attività, la loro disponibilità a pagare per l’articolo è diminuita.

Concetto: rendi meno facile ma non troppo difficile.

Oltre l’Effetto IKEA

L’effetto IKEA si aggancia ad altri effetti, primo tra tutti il cosiddetto Effetto della “giustificazione dello sforzo” e poi quello dell’Effetto Dotazione, di cui ho parlato in qualche mio video e in quest’articolo.

Effetto della “giustificazione dello sforzo”

Si basa sull’idea, scientificamente provata, che una persona che fa un sacrificio per raggiungere un obiettivo, attribuisce a quell’obiettivo un valore maggiore, proprio per giustificare lo sforzo.

Questo è il motivo per il quale se devi fare uno “sforzo” per entrare a far parte di un gruppo, darai a quel gruppo maggiore valore.

Se hai “sudato” per ottenere qualcosa, quel qualcosa per te varrà di più rispetto a qualcosa che hai ottenuto senza sforzo.

Effetto Dotazione

Questo bias si verifica quando sopravvalutiamo qualcosa che possediamo, indipendentemente dal suo valore di mercato oggettivo (Leggi: Pensieri lenti e veloci di Kahneman). 

È evidente quando le persone diventano relativamente riluttanti a separarsi da un bene che possiedono per il suo equivalente in contanti.

Allo stesso modo le persone sono disposte a pagare meno quel bene, rispetto a ciò che vorrebbero essere pagate se quel bene sono loro a venderlo (a parità di valore economico).

In parole povere, le persone attribuiscono un valore maggiore alle cose una volta che ne hanno stabilito la proprietà.

La cosa interessante è che funziona anche quando le persone non hanno ancora quel bene ma in qualche modo sentono di averne diritto! Infatti è stato sperimentato che si vendono auto più accessoriate se prima si fanno provare le versioni top (che hanno tutti gli optional) e mano mano si tolgono optional per abbassare il prezzo, che invece partire dalle versioni più economiche per poi aggiungere optional.

Sentirsi parte del processo creativo

Se sento che anche grazie al mio contributo ho realizzato quell’oggetto, come nel caso di IKEA con i mobili, allora sentirò anche un maggiore attaccamento al brand perché contribuisce emotivamente a restituirmi gratificazione e soddisfazione.

In che modo sfruttare tutto ciò?

In primo luogo, quando offri un prodotto o un servizio al tuo cliente, soprattutto qualcosa che lui deve utilizzare, come ad esempio un software, devi evitare il cosiddetto effetto della pagina bianca ovvero che l’utente è lì ma non sa che fare (IKEA ti offre manuali e assistenza).

Immagina di vendere un’app di video editing, l’utente l’acquista ma nel momento in cui lo fa non ha un video da editare. Che succede ora? Potrebbe mettere da parte la tua app e poi dimenticarsene. Come risolvere? Fai trovare un video di test già pronto per fare l’editing, in questo modo l’utente può subito fare pratica, familiarizzare, acquisire competenze e avere subito voglia di mettere in pratica con qualcosa di suo.

Ecco gli elementi da tenere presente quando costruisci la tua offerta tenendo presente l’Effetto IKEA e tutti gli altri correlati.

  1. Cosa permetti di fare? Es. magnifiche torne in modo semplice.
  2. Come rimuovi gli ostacoli? Es. hai tutti gli ingredienti in una scatola!
  3. Come lo porti all’azione? Es. il procedimento passo passo sul retro della scatola.
  4. Come aumenti l’affidabilità/qualità/valore? Es. le uova fresche le metti tu.
  5. Come esegui l’up-sell/cross-sell o l’acquisto? Es. con un piccolo contributo puoi acquistare una sac à poche per la panna.
  6. Come riduci i resi/cancellazioni? Es. nel caso della torta, una volta cucinata è ormai fatta! In altri casi puoi aggiungere un elemento di forte personalizzazione, come ad esempio il proprio nome sulla copertina di un’agenda che ne impedisce il reso.

Il concetto alla base di tutto, dell’Effetto IKEA perfetto è

fai lavorare, partecipare o collaborare le persone a ciò che vendi in modo da far percepire loro che ciò che hanno fatto ha contribuito ad aumentarne il valore.

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