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SOMMARIO

Come gestire le attività di Social Marketing

Il Social Media Plan è un piano che l’azienda mette in campo per la comunicazione verso l’esterno.

Questa è una delle prime cose che organizzo con i miei Social Media Manager per  conto dei nostri clienti, e sulla quale pongo estrema attenzione poiché è molto importante per la pianificazione efficace della gestione delle attività sui media sociali.

Il pericolo sta nei mezzi di comunicazione stessi che essendo veramente semplici da usare, danno l’impressione (sbagliata!) che si possa utilizzarli in modo intuitivo; d’altro canto cosa ci vuole a scrivere e pubblicare un post con una foto? Vero, ma poi è altrettanto facile precipitare una una gravosa criticità di gestione della comunicazione.

Ha fatto storia il caso di Groupalia quando se ne uscì con un tweet di cattivissimo gusto che vi riporto qui di seguito:

I furbetti (sciacalli 2.0 potremmo dire) avevano avuta la grandiosa idea di cavalcare l’onda dell’hashtag#Terremoto per piazzare un po’ della loro pubblicità. Inutile dirvi quanti messaggi d’insulti hanno ricevuto a discapito della loro immagine. Ne parlarono anche i giornali ed i telegiornali, finché A. Gualtieri, country manager di Groupalia, scrisse le sue più sentite scuse su Facebook per provare a rimediare alla caduta d’immagine.

Ecco quindi che è indispensabile pensare con attenzione a come gestire la comunicazione attraverso i social media poiché una “leggera” distrazione può causare un vero disastro d’immagine.

Social Media Plan

Consiste in 3 fasi principali:

  1. Analisi.
  2. Strategia.
  3. Azioni.

ANALISI

In questa fase si cerca di comprendere come l’azienda è posizionata nel web; ciò non solo dal punto di vista quantitativo (es. in che posizione si trova in Google) ma anche e soprattutto dal punto di vista qualitativo: cosa si dice dell’azienda nei blog? E su Facebook? E in Twitter? Si va alla ricerca del cosiddetto sentiment, quindi cercando l’azienda in Google si verificano i risultati che esprimeranno pareri sui suoi prodotti/servizi dell’azienda. Essi potranno essere positivi, negativi o neutri. Si va a verificare anche se sono stati scritti nell’ultimo mese o è roba vecchia.

Lo stesso discorso lo si applica per la concorrenza: sono posizionati meglio? Hanno più followers? Qual è il loro livello di engagement (capacità di coinvolgere le persone nelle discussioni)?

Il passo successivo è fare una mappatura dei luoghi di discussione (blog, forum, gruppi, ecc.) e, se possibile, individuare chi sono gli opinion leader per questi stessi luoghi che potrebbero essere contattati/coinvolti nella comunicazione.

Infine si cerca di comprendere cosa fa e dove si trova l’audience di riferimento dell’azienda nei social network. Ad esempio, se il targer principale della nostra azienda sono le donne dai 30 ai 50 anni, è importante provare ad individuare quei luoghi di discussione in cui questo target si ritrova; potrebbero essere gruppi su Facebook dedicati alla cucina oppure alla moda e così via.

STRATEGIA

Partendo dagli obiettivi di business dell’azienda e dai suoi obiettivi di comunicazione, è il momento di calibrare il piano d’intervento sui social media. È fondamentale comprendere che i social media non devono essere considerati solo un altro luogo da “conquistare” con meri messaggi pubblicitari, non sono una strada da tappezzare con i propri volantini pubblicitari, ma un luogo dove stabilire delle relazioni ed una comunicazione bidirezionale ovvero noi verso i nostri clienti e loro verso di noi (ascolto).

Di solito gli obiettivi di una strategia di social marketing hanno a che fare con:

Risulta importante il posizionamento dell’azienda nei social media poiché dalla scelta che facciamo comunichiamo “cosa” siamo. Questo vuol dire che non necessariamente dobbiamo avere una presenza in ogni Social Network, ma solo in quelli che maggiormente ci rappresentano e sono in linea con il nostro target (clienti e potenziali clienti).

Ecco di seguito uno schema che uso frequentemente e che penso possa essere utile anche a voi:

Osservando il grafico si comprende facilmente che se voglio distribuire contenuti ad un vasto pubblico (defocalizzato), mi conviene avere un account su Youtube, mentre se il mio target è molto specifico e l’argormentazione molto focalizzata, potrei pensare ad una community su Google Plus.

Il grafico permette di suddividere i canali in 2 macro tipologie di approccio comunicativo:

  1. Conversazione.
  2. Distribuzione.

Ognuna di esse si divide in

  1. Focalizzata.
  2. Defocalizzata.

Conversazione focalizzata: si tratta di puntare ad un pubblico di nicchia (es. appassionati di apicultura, appassionati di cucina, zen della motocicletta, ecc.) che predilige la conversazione. Il luogo potrebbe essere Linkedin se parliamo di un target di business oppure di un forum specifico focalizzato su un determinato argomento, es. amanti dell’HiFi oppure possessori di acquari oppure campeggiatori.

Conversazione defocalizzata: qui si tratta sempre di conversare, ma gli argomenti sono estremamente vasti e diversi. Un esempio è Facebook dove si parla di tutto e si tende a gestire le relazioni con gli alti utenti.

Distribuzione focalizzata: in cui non conta la conversazione oppure conta molto poco, ma ci si basa soprattutto sulla fruizione di media  molto specifici. Un buon esempio è Flickr per le fotografie, ma anche Pinterest dove la focalizzazione è ancora più settoriale, ad esempio si possono condividere bacheche di foto riguardanti un determinato tema specifico come le “borse di pelle”.

Distribuzione defocalizzata: quando il pubblico di riferimento diventa ampio e poco propenso alla discussione, allora ci troviamo nella distribuzione defocalizzata. Un esempio lampante è Youtube.

Una volta fatto il punto sui social network in cui vogliamo essere presenti, si passa alla definizione degli obiettivi che devono essere SMART ovvero:

AZIONI

È il momento di metter in pratica la nostra presenza in Rete. Quando si lavora nei Social Media ci si chiede spesso se valga la pena usare l’immagine del proprio brand oppure quella una persona che “ci mette la faccia”. Sebbene la risposta non è definitiva, per esperienza consiglio di metterci una faccia, poiché le persone gradiscono maggiormente relazionarsi con altre persone piuttosto che con marchi. Di conseguenza è bene stabilire anche un “tono” con il quale relazionarsi. Consiglio di usare un tono poco formale, colloquiale, che non faccia uso di sloga pubblicitari e che non sembri quello di un imbonitore o di un venditore televisivo.

Bisogna “raccontare” il prodotto o il servizio (story telling), comunicare informazioni utili. Non a caso i Social Media fanno parte dei cosiddetti earned media ovvero luoghi che vengono conquistati attraverso la produzione di contenuti di valore.

Non pensate subito a fare “video virali” o “messaggi virali”, la virulenza non si progetta in modo “matematico”, ma viene fuori quando c’è passione e qualcosa che valga la pena di raccontare in giro.

Le azioni devono andare avanti secondo un piano ben definito nel tempo, misurando ciò che accade a distanze di tempo stabilite (milestone). Il Social Media Plan non deve essere scorporato dalle altre cose messe in campo dall’azienda ovvero se avete progettato workshop o altri eventi offline, essi devono essere presentati e raccontati attraverso le azioni di social comunication.

Ogni cosa deve essere vista come integrata con le altre: la newsletter, una DEM, il proprio sito web, la produzione di ebook, la comunicazione su Facebook o altro social, una campagna alla radio, tutto deve essere visto in una strategia più ampia e coordinata.

Riepilogando


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